Che cos'è la psicoterapia e come funziona? come mai esistono così tanti approcci?

Esistono diversi approcci nell’ambito della psicoterapia, che si caratterizzano per assunti di base differenti e tecniche variabili. Ad oggi una psicoterapia per considerarsi tale è necessario che possegga:

1.   Una relazione paziente terapeuta particolare, con una alleanza a esclusivo beneficio del paziente

2.   Un luogo specifico, cioè un setting, sicuro, in cui tutto ciò che avviene e che viene detto è confidenziale, e distinto dalle normali attività e relazioni interpersonali

3.   L’offerta da parte del terapeuta di prospettive, modi di vedere, fare cose in modo differente, così da dare senso a sensazioni confuse ed indefinite

4.   Procedure e tecniche che specificano il modo di operare del terapeuta. (Frank 1961)

Ogni approccio terapeutico differisce dall’altro poiché ogni approccio ha una sua modalità nel definire i seguenti aspetti:

1.    Gli obiettivi dell’intervento: se i sintomi andranno ridotti tramite una modifica comportamentale e/o del pensiero e/o delle emozioni, considerati di volta in volta disadattivi/disfunzionali o bloccanti; se invece i sintomi andranno ridotti tramite un’integrazione di parti scisse del sé o nel superamento di blocchi evolutivi, ecc. Spesso tali obiettivi vanno a sovrapporsi nel corso della terapia e possono integrarsi.

2.   Nell’articolare il setting: una terapia può essere individuale, familiare o di gruppo, di coppia. La differenza di setting consiste anche nella differenza di incontri che può consistere in base alle necessità. Normalmente gli incontri sono settimanali.

3.   Nell’impostare il contratto terapeutico: ogni terapeuta imposterà in modo differente il contratto con i propri pazienti, riguardo la gestione delle assenze e la durata della terapia, che può andare da 6 mesi per una terapia breve e focale ad alcuni anni, per problemi strutturali e quindi cambiamenti più profondi, in base all’incontro tra valutazione del terapeuta e domanda del paziente.

4.   Nell’effettuare una valutazione clinica: alcuni terapeuti utilizzano maggiormente una diagnosi specifica, altri l’attenziona alla modalità relazionale.

5.   Nell’utilizzo di tecniche specifiche del modello a cui fa riferimento il terapeuta.


L' importanza della relazione terapeutica

La relazione terapeutica rappresenta uno dei fattori di successo della terapia stessa. Al di là dell'approccio utilizzato dal terapeuta, è proprio la persona del terapeuta a fare la differenza: la sua empatia, il modo in cui il paziente si sente accolto ed ascoltato a volte, ma anche fermamente guidato, in una funzione duplice sia materna che paterna, rende efficace e di successo un processo terapeutico. La relazione terapeutica può essere descritta proprio come  "dissimile da ogni altra in cui si è fatta esperienza; una curiosa combinazione di intensità emotiva e distacco, di coinvolgimento e distanza, che permette di condividere e confrontare i propri problemi, la propria vulnerabilità, le proprie fantasie, con un altra persona addestrata ad aiutare senza giudicare, il cui interesse esclusivo  è rappresentato dai tuoi bisogni e dai tuoi benefici."  (Engler, Goleman,1992)

Gli aspetti fondamentali che rendono possibile la relazione terapeutica sono anche gli aspetti legati alla fiducia e lo stabilirsi di un alleanza cooperativa, aspetto che anche e soprattutto il paziente cura, con la sua volontà al cambiamento. Nessun terapeuta, per quanto bravo, può obbligare e indurre un cambiamento se non voluto, ogni processo terapeutico è sempre una danza a due.


Cosa significa Psicoterapia Integrata?

Per prima cosa, per terapia integrata non s' intende un insieme incongruente di teorie e tecniche varie senza capo né coda, somministrate in modo selvaggio e senza avere un filo teorico di riferimento.

Il significato sottostante il concetto di Psicoterapia Integrata è invece la presenza di un modello di base, a cui si associano modelli e tecniche che per filosofia e specificità sono assimilabili al modello iniziale. E' d'esempio chiaro ed evidente il mio modello di riferimento: La mia scuola di appartenenza è di fatto una scuola originariamente di Analisi Transazionale, alla quale in seguito è stata integrata la Gestalt e le tradizioni di tipo spirituale; tale tipologia di processo integrativo ha mantenuto i piedi ben saldi negli assunti filosofici di base dell'A.T.

 L' integrazione tra Gestalt e Analisi transazionale,  già partita negli anni 70',  tramite un processo evolutivo di confronto ed assimilazione, ha consentito sempre più un allargamento delle prospettive e delle tecniche. Ad oggi assistiamo ancora ad un confronto e ad un integrazione di aspetti provenienti dalle neuroscienze e dalla ricerca.

L'integrazione non è qualcosa che è ricercato -a forza- ma qualcosa che avviene attraverso il comunque costante aggiornamento delle tecniche e delle conoscenze, ed il costante aggiornamento dei professionisti. Stesso processo sta avvenendo di fatto nel filone cognitivo: basti pensare alle 'psicoterapie cognitive della terza generazione', di fatto psicoterapie che all'aspetto cognitivo, hanno aggiunto appunto la gestalt e la meditazione o le sue tecniche e assunti filosofici, che rientrano sotto il cappello della mindfulness.

Questo aspetto dell'integrazione, che sta accompagnando quasi tutte le scuole di psicoterapia, è significativo del fatto che nessun approccio è migliore di un altro in assoluto, ma esistono tanti approcci quante sono le tipologie di pazienti, ed essendo oggi il comportamento e i vissuti umani sempre più complessi, in un lavoro al servizio dell'altro è un bene non peccare d'arroganza ed essere aperti a più possibilità di intervento ed esercizio della professione. L'integrazione, consente quindi di avere un ventaglio di possibilità e visioni, in un ottica coerente certo con il proprio modello, ma attenta al mondo circostante, alle nuove acquisizioni scientifiche, alle nuove possibilità di cura. 

Come avviene un colloquio?

Molte preoccupazioni dei pazienti che non hanno mai varcato 'la soglia' di uno psicologo-psicoterapeuta è quella di essere molto focalizzati sul come si svolga il colloquio, sul cosa dire e cosa non dire, su preoccupazioni riguardanti la privacy. Molti arrivano allo studio con paure ed aspettative, mediate sia dai media che magari dal sentito dire. I primi colloqui di consulenza, ruotano intorno a degli assi più o meno precisi, che al netto delle variabilità individuali e della specificità di ogni singolo paziente, emergono e fanno si che si possa poi arrivare a formulare quella che è un primo abbozzo di diagnosi e quindi di intervento terapeutico:

Quanto dura in media una terapia?

Altro tassello che desta importanti preoccupazioni riguarda la durata della terapia. Un percorso psicoterapico ha una durata variabile, la durata è stabilita dall'entità del problema, dall'impegno profuso alla risoluzione, da variabili di contesto che sono diverse da persona a persona e sono date da ciò che è definito come 'campo' : quindi tutto il contesto sociale che ruota attorno alla persona.

Ci sono persone che si rimettono ad esempio dall'ansia in un anno, altre in meno, altre che hanno necessità di tempi più lunghi. I tempi non sono solo responsabilità di ciò che accade nell'ora di terapia, ma anche di tutto ciò che sta attorno: le variabili ambientali e le variabili economiche, i fattori di stress che un individuo può avere o meno attorno a sè, possono di molto allungare o ridurre l'intensità e la durata del trattamento. 

Bisogna essere consapevoli di quanto i fattori di campo rientrano all'interno del processo di cura, cercando di isolarli quel tanto che basta per permettere a sè stessi di star meglio e riemergere. 

Quello che spesso dico è che un ora di terapia all'interno di 168 ore di cui è composta una settimana, è un fiore solitario, che va sostenuto e sorretto, protetto da quello che appunto può accadere nel resto del tempo.

 Affinchè quel fiore cresca e non sia spazzato via ha bisogno di cure ed attenzioni.

Ci sono ricerche sull'efficacia della Psicoterapia?

Lo studio sull'efficacia della Psicoterapia in generale è iniziato negli anni 20 del novecento ad opera di Abraham e prosegue fino ai giorni nostri. Per una lettura più approfondita consiglio il manuale La ricerca in Psicoterapia (206, Dazzi, Lingiardi,Colli).

Fare ricerca in psicoterapia è un fatto complicato, poichè vanno standardizzati i processi e cioè le tecniche usate, va standardizzato anche il modo di operare queste tecniche da parte del terapeuta, va reso quanto più stabile e generalizzabile il campione, cioè i pazienti su cui operare le tecniche, pazienti che devono aderire alle diagnosi presenti ad esempio nel DSM-5; dal campione va quindi escluso chiunque non sia perfettamente aderente ad una diagnosi così come presentata nel DSM-5. Per ogni ricerca che si rispetti va comunque sempre indicato un gruppo placebo, ed al di là dell'eticità del proporre per lungo periodo ad un gruppo di pazienti una terapia 'placebo', c'è anche la questione di cosa sia un placebo in psicoterapia e di quanto questo comunque influisca sul risultato; decidere ad esempio di ascoltare passivamente solo un paziente che aderisce ad un protocollo placebo, potrebbe comportare comunque degli effetti benefici inaspettati.

Inoltre esiste un problema statistico, definito di 'validità ecologica': un test di laboratorio, fatto in laboratorio con un campione così ristretto e specifico risulta difficilmente generalizzabile.

Al fianco quindi di ricerche rigidamente strutturate ma più deboli sul piano della validità ecologica, esistono ricerche 'sul campo', naturalistiche, che sempre con l'ausilio di test o registrazioni e report, permettono maggiore libertà al terapeuta di applicare il proprio modello di riferimento e di testare quindi l'outcome in termini di salute e benessere riferito.

In generale, stando quindi ai dati ed alle ricerche, la psicoterapia è efficacie?

La risposta è si, ed ancora i diversi approcci lo sono, nessuno ha prevalenza sugli altri. Negli anni ottanta è stata condotta una meta analisi in cui l'efficacia delle psicoterapie era in generale superiore ai gruppi di controllo, ai placebo e ai soli individui sottoposti a terapia farmacologica. (Modelli di Psicoterapia, Cionin 2016)

La Psicoterapia della Gestalt

Parlare della Psicoterapia della Gestalt in termini di ciò che ha significato per impatto culturale, filosofico e di contributo tecnico è arduo. In seno alla Gestalt si sono sviluppati diversi modi di vedere la Gestalt stessa che ne hanno arricchito la cultura e la storia, la profondità dell'esperienza e la ricchezza espressiva. Credo che la caratteristica fondamentale del terapeuta che si forma in Gestalt è la creatività: creatività nel pensiero, nell'espressione,  nell'integrazione dei metodi e delle tecniche, creatività nel leggere il vissuto del paziente. La creatività è un movimento sempre nuovo ed agile, naturale, a-critico. In assenza di giudizio auto ed etero diretto si può sviluppare un occhio differente a ciò che nel qui ed ora si dispiega. Essere creativi, significa essere nel qui ed ora, nell'esserci e nell'esserci creare attivamente, in sintonia con quello che adesso c'è, rispondendo al bisogno emergente e quindi soddisfacendolo. La creatività è una capacità che ognuno di noi ha, che va liberata ed affinata per tutta la vita.


Tornando a ciò che è la Gestalt quindi è una forma di psicoterapia, figlia della psicoanalisi, nata ad opera di Fritz e Laura Perls, due psicoanalisti.

Ma le differenze su cui si è mosso lo sviluppo della gestalt sono: 

L'attenzione è portata a come oggi eventi mai conclusi allora, hanno la tendenza a volersi chiudere, ma come allora non si conclusero, così ancora oggi non si concludono , generando quella che è definita la nevrosi, data da un accumulo di 'gestalt' (forme) incompiute, cioè situazioni incompiute.

Sembra un passaggio semplice, ma un esempio che può aiutare è il seguente: poniamo che da bambino, non ho ricevuto l'affetto dei miei genitori e che allora il mio modo per cercare la loro attenzione era essere gentile e dar loro attenzioni per prima. Ad oggi sono una persona molto mite, che difficilmente si arrabbia, sempre pronta a dare aiuto agli altri, ma che purtroppo ha una grande difficoltà ad avere un partner poiché sembra che tutti i partner con cui entro in contatto dopo esser stati con me 'ed aver preso'  mi lasciano, ed io  rimango solo e svuotato, con la convinzione di essere sbagliato.

Ogni modello di terapia direbbe la sua davanti a questo caso con la sua terminologia, in Gestalt possiamo dire che oggi c'è una situazione incompiuta che si ripropone costantemente, in cui l'individuo ha costruito un suo stare al mondo specifico ma che nel qui ed ora non è più funzionale. 

Probabilmente il suo ciclo dei bisogni (ciclo di contatto) è bloccato, piuttosto che esprimere pienamente il suo bisogno, la sua volontà di essere amato, la sua volontà di essere trattato con rispetto ed affetto, preferisce prima donare agli altri tutte queste attenzioni aspettando poi in seguito di riceverle, poichè crede di non esser degno d'amore, come allora è accaduto nella relazione genitoriale, finendo per non vedere chi ha davanti, non contrattare e non aspettare; restando a mani vuote.

Il modo quindi in cui oggi un individuo si relazione all'ambiente è diretta conseguenza della sua storia personale, delle sue modalità di interagire con l'ambiente ( nell'esempio di sopra ho fatto l'esempio della proflessione), ma anche del 'campo' sociale in cui è stato immerso.

La Gestalt guarda quindi "all'intero" della persona: la sua storia, come si relaziona, chi è oggi, che disagio porta. Il disagio stesso è visto come una disfunzione nella relazione organismo/ambiente, che comunque è stato fino a quel punto il miglior adattamento possibile.

Il modello dell'intervento terapeutico consiste nella messa in atto, nell'esperienza di contenuti scissi, nell'integrazione delle parti tramite tecniche specifiche, nell'attenzione al vissuto emotivo ed espressivo, consiste nel superamento di blocchi, nel canalizzare energie intrappolate, vissuti conflittuali, nel trasformare l'aggressività in desiderio e nel conoscere ciò che di noi ci spaventa; significa fare scelte, permettersi di sbagliare, accettare le proprie sfumature emotive. E' quindi un passaggio dalla situazione di scissione e confusione interna ad una maggiore maturità.

La Gestalt è un trattamento consigliato in diverse situazioni di sofferenza soprattutto se associata a stili terapeutici maggiormente cognitivi, come nel mio modello integrato e come presentato anche nella letteratura recente sulla Schema Therapy.

Fortemente consigliata nella depressione, nelle diverse forme di narcisismo nel trauma e nei DCA, nel trattamento dell'ansia, questo perchè il linguaggio della Gestalt è sia sulla profondità dell'esperienza di sofferenza, sia sul qui ed ora, in un ottica di risoluzione del problema e di riorganizzazione della personalità nel suo complesso.

L'Analisi Transazionale

L'analisi transazionale ideata da Berne, così come la terapia della Gestalt di Pers, si è sviluppata a partire dalla psicoanalisi e con essa mantiene ancora stretti rapporti.

L'analisi transazionale o A.T. ha ad oggi complessità teorica tale da essere al contempo sia una teoria sullo sviluppo della personalità, che una teoria sullo sviluppo dell'individuo e sulla sua psicodinamica, nonché una teoria dell'attaccamento e della comunicazione.

Racchiude al suo interno quindi una componente puramente psicodinamica che spiega e propone una risoluzione riguardante i conflitti interni e racchiude una componente puramente relazionale, che guarda al come tali conflitti si manifestano nel sociale, proponendo anche qui diverse letture e soluzioni.

All'interno dell' A.T. è di centrale importanza la realtà del paziente-cliente, nonché la dimensione puramente relazionale tra cliente e terapeuta, aspetto condiviso con la Gestalt.

Il concetto più conosciuto, ma anche abusato commercialmente dai non addetti al settore, è proprio il concetto di stato dell'io, riferibile appunto alla teoria dei tre stati dell'io , di chiara derivazione psicoanalitica, di cui è l'evoluzione più diretta: genitore, adulto e bambino che insieme costituiscono il sè.

Il legame più profondo e funzionale con la psicoanalisi lo troviamo nella teoria del copione elaborata da Berne, che è proprio una riattualizzazione di un dramma transferale. 

L'analisi transazionale sta subendo negli ultimi anni un ulteriore sviluppo, soprattutto ad opera di studiosi anglosassoni, verso una rielaborazione teorica basata sul confronto con le più recenti acquisizioni operate dalle neuroscienze, in particolare le basi neurofisiologiche degli stati dell'io, l'accesso alle memorie implicite e la formazione delle memorie episodiche.


L'importanza delle tecniche di rilassamento 

Le tecniche di rilassamento possono fare parte del percorso psicoterapico, come momento che possa essere anche psicoeducativo per il cliente. Assumono particolare importanza come momento di rilassamento del corpo nonostante uno stato emotivo agitato, ed attraverso il rilassamento corporeo, con sempre maggiore pratica, si accede ad un maggiore senso di rilassamento mentale. Sono  tecniche particolarmente utili negli stati ansiosi.

Schultz fu uno dei primi che si interessò di queste tecniche e ne approfondì il loro funzionamento sviluppando il Training Autogeno, una tecnica strutturata che consente un rilassamento profondo psicofisico. 

Le principali tecniche di rilassamento sono sia il Training Autogeno che il Rilassamento Muscolare Progressivo.

 A queste nei lavori Gestaltici si uniscono anche tecniche che prevedono l'uso di visualizzazioni e focalizzazioni corporee, tecniche quindi miste, che fanno ricorso non solo al rilassamento corporeo, ma anche all'immaginazione.

Una maggiore consapevolezza del corpo, delle emozioni e la capacità di autoregolazione sono alla base di un maggior benessere psico-fisico.



Cosa Penso della Terapia Online

Poche volte do la mia opinione, ma credo sia importante darla in questo caso, poiché vedo sempre più clienti delusi e professionisti svendersi per pochi euro, rendendo un servizio pessimo a chi ne ha bisogno.


 La mia opinione si basa quindi su quello che ho visto e saputo da chi ha lavorato in tali piattaforme e dai clienti che hanno usufruito di servizi psicologici online.

Ho inoltre delle idee ben precise sul fenomeno, per la passione e l'impegno che dall' inizio ho infuso nella mia professione, per offrire sempre un servizio adeguato.


Innanzitutto, credo che l’opportunità del poter fare terapia online sia stata una gran cosa nel recente passato, considerando la pandemia, ma anche oggi allargando lo sguardo a tutte quelle persone che per ragioni gravi di salute non possono allontanarsi da casa e vogliono però mantenere la riservatezza preferendo una psicoterapia online rispetto ad una psicoterapia domiciliare. Poter fare quindi psicoterapia online in casi di impossibilità al movimento, oppure perché si è scelti quello specifico professionista che è lontano dalla nostra regione o città, è una grande opportunità.


Offro anche io supporto online, ma in maniera libero professionale, a persone che ne hanno necessità per ragioni di salute o 'logistiche' senza nessun intermediario di sorta: ed è qui la differenza, è il cliente che può scegliere se fare terapia con me, poiché magari conosce il mio modello o per passaparola, oppure no, può scegliere se farla con un altro professionista, come accade nella realtà.


Trovo però rischioso la presenza in rete di piattaforme con nome fuorviante che rimandano a presunte 'bravure' di sorta, dove la maggior parte di iscritti sono ahimè giovanissimi, (non per questo non bravi o appassionati sia chiaro), spesso che non hanno terminato scuole di psicoterapia, che vengono venduti ai clienti/pazienti come 'bravi e migliori degli altri, terapeuti ' in un meccanismo poco chiaro. Pagati più o meno 25 euro l'ora, in cui in realtà la seduta al paziente costa quasi quanto una seduta 'dal vivo'.


Perché tutto questo? Di certo il problema è sistemico, da un lato carenze nel Sistema Sanitario Nazionale hanno portato a una carenza di professionisti del settore, dall'altro questo stesso fatto ha comportato una mancanza di lavoro ed un impoverimento della categoria, difficoltà di immissione nel mondo del lavoro soprattutto per i più giovani. 


I servizi online sono quindi al crocevia di esigenze e bisogni sia per il cittadino che per il 'professionista' in un contesto però socio economico sempre più privo di tutele e selvaggio, impoverito, da ambo le parti, sia dal lato di chi lavora che dal lato di chi riceve un servizio. 


Sulle piattaforme online ci sono liberi professionisti che lavorano con dinamiche fordiste: orari e carico di lavoro elevato, sfruttamento del capitale umane, anomia. Dall'altro lato utenti ignari che acquistano a poco prezzo la loro pillola di salvezza, pillola che però può esser tolta nel momento in cui gli accordi professionista-piattaforma vengono meno; ed il professionista non può portare fuori il paziente pena multa.


Non solo quindi c'è un problema etico-professionale e di etica del lavoro e contrattuale, c'è anche un problema che riguarda la scelta del professionista che scardina tutto ciò che è 'il setting', e le regole della terapia e della relazione paziente- terapeuta.


Penso che affidare la scelta della terapia ad un ‘mach’ come su un App di incontri, strutturata da un algoritmo, sia  l’opposto di una scelta e sia anzi un fenomeno passivo. 


Su un sito di terapia online, il paziente non sceglie, è affidato meccanicamente a qualcuno, da un algoritmo che sa ogni dato per effettuare tale scelta. Cosa che è  violazione di privacy, ma anche scelta di non scegliere. Un ennesimo atto che rende noi stessi passivi anche di fronte alla salute. Molti potranno storcere il naso e dire che va bene così, allora significa che tutto ciò che subiamo come esseri umani oggi giorno in termini di violazione e sopraffazione è lecito, se è lecito l'assunto (errato) di base che qualcun altro può scegliere per noi, sia esso uomo o macchina. Ciò lede la nostra autonomia ed è espressione di profondo cinismo e disillusione.


 Nella mia professione devo tutelare la privacy del cliente mantenendone anonimato e non divulgando nessun contenuto inoltre devo tutelare l'autonomia insegnando alle persone a scegliere. La terapia è opera maieutica.


Già l'esistenza stessa di piattaforme e professionisti ignari che operano in tale ambito selvaggio senza domandarsi di sè e inconsapevoli delle logiche di mercato e volutamente collusivi, viola diversi assiomi della psicoterapia nonché del senso comune. 


Inoltre non tutto può essere fatto online: di certo alcune  tecniche cognitive, che io stessa uso, possono essere usate con facilità, come anche le tecniche di rilassamento, ma altri lavori che coinvolgono maggiormente il corpo non possono essere svolti con tranquillità. Il lavoro online presuppone anche, nella mia esperienza, una certa consapevolezza e centratura da parte del cliente; 


pazienti con problemi maggiormente strutturati, anche depressioni più importanti, quadri psicotici, borderline, solo per citare gli 'stili relazionali'  che più facilmente entrano in uno studio di psicoterapia, potrebbero non affatto giovare di una terapia online ma anzi peggiorare, poiché in tali sofferenze è importante proprio la qualità della relazione.

 

Sono contraria quindi al fare terapia online quando tale terapia è in realtà un App con cui chattare, cosa che mi è capitata di vedere online, sponsorizzazioni di bot con cui parlare che si 'spacciavano' per terapeuti, ancor meno di un effettivo terapeuta online;

 Sono contraria all’online quando ci si affida passivamente ad un algoritmo che sceglie per l'essere umano e quando il servizio offerto è in mano a coach o persone che non hanno un esperienza solida alle spalle, creando un disservizio. 


Esistono realtà online serie per chi è impossibilitato e non tutto l'online è poco serio, ma in questo il cliente non è ben instradato nella scelta, anzi spesso fuorviato da nomi troppo accattivanti, per scelte di marketing.


 Inoltre sono contraria alla terapia online, quando il paziente non ha nessuna ragione per stare a casa davanti ad uno schermo, potrebbe trovare un professionista in città ad un costo ragionevole, come è il caso ad esempio qui al sud Italia, eppure sceglie di non farlo: perché?  la terapia è anche il camminare per andare allo studio, assaporare la passeggiata, il percorso, sentire le sensazioni fisiche dello stare davanti ad un altro mentre ci si racconta, anche se provoca disagio o qualunque altra sensazione. Perché perdere l’incontro? Credo che il proliferare della terapia online sia un altro sintomo di una società che preferisce l’isolamento all’incontro, l’anomia al senso, il facile al complesso. 


Altra questione: l'online è un opportunità di promozione per tutti, anche io ho il mio sito, dove un cliente può leggere di me, leggere le recensioni, contattarmi, conoscermi, se vuole, scegliermi come terapeuta. 

Per costruire il mio lavoro, che si svolge quasi esclusivamente dal vivo, mi ci è voluto tempo, esperienza, fatica, impegno, studio, costanza, attese.


Momenti più bassi, altri più alti come per tutti. Ho studiato tanto, ho lavorato e mi sono sostenuta in tanti modi. Ho aspettato e avuto rispetto delle persone che mi davano fiducia.

Ogni singolo momento è stato frutto del mio lavoro personale, che mi ha consentita di crescere come persona e come professionista.


La piattaforma online dà l'illusione ai giovanissimi psicologi (spesso non psicoterapeuti) di non dover fare questa trafila, di non attendere, ma semplicemente iscriversi, mettersi online e senza far nulla, senza impegnarsi, promuoversi, studiare e sbattere la testa, arriveranno al 'successo', ma quale successo? : semplicemente gli pioveranno i clienti e soldi in testa dati dal santo algoritmo. D'altronde queste sono le pubblicità di sedicenti piattaforme, alla quali vedo sempre più giovani colleghi iscriversi, con la speranza di riuscire a tirare avanti economicamente. Ed è molto triste ragionare in questi termini quando c'è di mezzo la salute delle persone.


Questa è l'illusione-trappola dei social, spalmata anche sulla salute, poiché non funziona proprio così. Ogni piattaforma vuole il suo guadagno ed ogni piattaforma lo chiede a suo modo, chi con un abbonamento mensile, chi con una quota su ogni singolo paziente. Si è quindi dipendenti pur essendo partite iva, sempre più frustrati e inoltre poco professionali: ci si spaccia per professionisti, quando si è appena usciti dall'università. Si ci spaccia per quelli bravi senza un adeguata preparazione: alla lunga il gioco non paga. Il danno qui è soprattutto alle persone che si fidano di una competenza che non c'è.