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Disturbi d'ansia

Secondo il DSM-5, nella sezione 'disturbi d'ansia' rientrano sia i disturbi appartenenti all' area bambini ed adolescenti, sia quelli appartenenti all'area adulti. In questa sezione rientrano quindi il 

Disturbo d'ansia di separazione; Il mutismo selettivo; la Fobia Specifica; L'Ansia Sociale o Fobia Sociale; il Disturbo da Panico; l'Agorafobia; il Disturbo d'Ansia Generalizzato e i disturbi con altra specificazione o dovuti a condizione medica. 

L'Ansia ha avuto un grande ruolo nella nascita della psicoanalisi e della psichiatria psicodinamica, nonché della Gestalt. Era infatti opinione di Freud che tale affetto fosse diretta conseguenza di un accumulo di energia legata all'assenza di attività sessuale. E' con la Gestalt che tale teorie si amplia, andando a considerare in realtà l'ansia come effetto di energia bloccata in generale all'interno dell'individuo, proveniente da qualunque 'area' di vita dell'individuo.



L'ansia in Gestalt è quindi vista come uno spostamento dalla pulsione potenziale. (Perls, Hefferline, Goodman, 1951) L'affetto è dunque ritirato e non riconosciuto né sentito. La sostituzione del desiderio proprio con l'altrui, l'abituarsi al compiacere l'altro e rimandare i propri bisogni, l'imitare l'altro e precederlo per cercare affetto, non procura solo ansia, ma più in generale ed in larga scala, sono questi i quadri comportamentali che si riscontrano in persone che hanno personalità ad organizzazione narcisista. (La Psicoterapia della Gestalt nella pratica clinica) Il narcisismo è anche la ferita dell'esser costantemente ad immagine altrui e non propria ed inseguire quell'immagine, al fine di ricevere amore. I costi in termini di salute possono essere anche il ricadere in una diagnosi di disturbo d'ansia o, come vedremo in seguito, in un disturbo depressivo.


Disturbi Depressivi

Tra i Disturbi Depressivi il DSM-5 annovera 

il Disturbo da Disregolazione dell' Umore Dirompente,  il Disturbo Depressivo Maggiore, il Disturbo Depressivo Persistente, il Disturbo Disforico Premestruale, e il Disturbo Depressivo indotto da sostanze e farmaci o altra condizione medica

I diversi specificatori per il disturbo depressivo riguardano la compresenza di ansia, caratteristiche maniacali, ipomaniacali e sintomi psicotici che si accompagnano al disturbo depressivo maggiore. Gli studi attuali sulla depressione (Gabbard, Psichiatria Psicodinamica), considerano diversi aspetti che entrano in gioco nell' esordio e mantenimento dello stato depressivo. Se è chiaro in maniera quasi intuitiva che  la maggior parte dei disturbi sono originati da una sorta di equazione come la seguente: contesto sociale+ disposizioni individuali + storia personale+ interpretazione che il soggetto ne fa;

allora per la depressione valgono ancora di più gli elementi sopra detti: la depressione è una ' complessa alchimia' di diversi elementi che alcuni studi hanno messo in evidenza: esperienze di abuso, trascuratezza, abbandono, allontanamento di uno dei genitori, violenze, lutto, soprattutto se tali eventi sono accaduti in tenera età, possono creare sensibilità neurobiologica e aumentato rischio di depressione in età adulta. 

Gli abusi fisici e sessuali, la trascuratezza, il divorzio dei propri genitori e l'allontanamento dei propri genitori nel corso della prima infanzia sono tra le principali cause di depressione in età adulta. Questi elementi, combinati con la personale ed unica storia di vita in divenire e di un individuo in crescita, uniti alla sua interpretazione di quegli eventi, possono innescare, a seguito di un evento ( o più eventi) precipitante, un episodio depressivo.

Quando parlo di interpretazione che la persona fa, degli eventi traumatici che ad essa sono capitati, parlo di tutta la gamma e sfumatura di sentimenti e pensieri che un individuo può vivere a causa di quegli stessi momenti traumatici. Ci sono persone che attribuiscono a loro stesse la 'colpa' di un abuso di qualunque genere, anche se erano davvero troppo piccole per poter reagire.

Ci sono individui che provano un intensa vergogna per ciò che gli è capitato, come se fossero loro stessi sbagliati.

Portano con sè il fardello della vittima non riuscendo mai a vedere la realtà: non sono loro sbagliati, sono stati gli altri a sbagliare, comportandosi in modo abusante. 

La depressione in questo senso è un sentimento di rabbia rivolto contro sè stessi, cioè, non avendo potuto provare rabbia allora e non essendomi potuto arrabbiare allora e difendermi, questa rabbia la rivolgo contro me stesso, pensando di essere io stesso 'l' errore'. 

All'interno della letteratura scientifica, il modello di trattamento psicodinamico, così come quello cognitivo, registrano gli stessi tassi di recupero. Entrambe le modalità sono utili al recupero del paziente. (Driessen,2013) 



I principali modelli di attaccamento che sottendono tale organizzazione sono 1) perdita di un genitore durante la fanciullezza o minacce di perdita 2) esperienza frustrante di non riuscire, nonostante gli sforzi ad avere la protezione parentale; unita ad alte aspettative parentali 3) inversione della relazione parentale, cioè il genitore spinge il figlio a prendersi cura di lui. 

Il continuo ripresentarsi di tali scene, deve poi in seguito implicare per il soggetto, il loro verificarsi alla propria responsabilità : il bambino inizia a credere che se viene rifiutato e non accudito o punito, è per propria responsabilità poiché non amabile. L'anticipazione interna di future perdite, per prevenire ulteriori delusioni, è un ulteriore meccanismo di difesa che genera però ulteriori sentimenti negativi. 

Il lavoro è focalizzato quindi sulla prevenzione suicidale, sul ristabilire il diritto ad esistere e la sensazione di avere internamento valore, sulla capacità di prendersi cura di sè stesso. 


Disturbi di Personalità

I Disturbi di Personalità sono ad oggi decisamente attenzionati dall'opinione pubblica e dai mass media. Comprendere cosa sia un disturbo di personalità non è facile, per farso bisogna innanzitutto avere un idea generale di cosa sia la personalità: la personalità è il nostro peculiare modo di pensare, vedere il mondo, esperire sentimenti e rapportarci ad esso. Tale modo di essere 'noi stessi', questa sensazione interna che ci da la percezione che noi siamo effettivamente noi, è anche detto sè. Il modo in cui noi siamo è dato da un alchimia particolarissima di fattori genetici, ambientali, familiari, sociali che si mescolano insieme a quelle che sono le esperienze di vita e all'interpretazione che via via emerge. 

Una personalità può svilupparsi in maniera disadattiva, quando il pensiero è organizzato secondo modelli che sono disadattivi per l'individuo e per l'ambiente che lo circonda; quando i pensieri e le azioni della persona si discostano di molto dalle norme sociali (pensiamo ai comportamenti aggressivi), quando la persona vive tali comportamenti come in realtà giusti e normali (ego-sintonici); quando è quindi presente rigidità di pensiero, assenza di volontà al cambiamento, rigidità comportamentale. Una disturbo di personalità, si mantiene stabile nel tempo, insorgendo nell'adolescenza e mantenendosi poi nella vita adulta.

Possiamo pensare al disturbo di personalità come ad un continuum tra quello che è un evento traumatico che genera un singolo tratto di personalità ed una singola sofferenza psicologica, ma che se non trattato, tenderà a stabilizzarsi nel tempo e prendere il sopravvento su tutte le altre caratteristiche di personalità, andando a strutturare una singola struttura di personalità definibile in un unico modo.

Il comportamento rigido e stereotipato, che può esplicarsi in diverse forme, può interessare anche singole aree di vita della persona, non compromettendo completamente il funzionamento. Ad esempio una persona può essere completamente inefficace nelle relazioni amicali ed amorose, ma essere un indefesso lavoratore. Sottolineo che nel disturbo di personalità, manca spesso la consapevolezza del disturbo stesso, ed è questo che ne rende difficile il trattamento. Nel gruppo A. rientrano i disturbi paranoide, schizoide e schizotipico ; Nel gruppo B. rientrano il disturbo antisociale, border, istrionico e narcisista. Nel gruppo C. rientrano il disturbo dipendente, evitante e ossessivo compulsivo.

Voglio qui fare una distinzione tra ciò che è un quadro francamente disturbato come sopra ho citato, cosa che spesso si incontra in ambito psichiatrico e lì ne lascio la trattazione; e ciò che invece spesso si incontra nella pratica clinica e nella vita quotidiana:  spesso possiamo incontrare persone che presentano un insieme di tratti che, anche se non soddisfano il criterio di un disturbo di personalità, hanno un organizzazione di personalità che farebbe supporre un certo specifico tipo di personalità disturbata. Sono persone che nel continuum tra nevrosi, disturbo conclamato di personalità e  psicosi, si presentano a margine tra le prime due, a volte oltrepassando tale margine a volte no. 

Esistono quindi individualità, sofferenze, tipologie di sviluppo, mancanze durante lo sviluppo che hanno fatto si che tali carenze e sofferenze venissero colmate da tratti anche vistosi di personalità o apparentemente disadattivi, ma che nel momento in cui si sono sviluppati, rappresentavano il miglior adattamento possibile.  

Spesso una specifica organizzazione di personalità che si pone a margine, è ambivalente e frammentata, proprio perché non ha avuto il terreno, familiare e/o sociale, in cui crescere e organizzarsi in modo unitario. Il senso della terapia è ridare un senso di unità e stabilità lì dove c'era frammentazione. 


Organizzazione Narcisistica di Personalità

Il termine Narcisismo, è ahimè, il termine più usato ed abusato tra gli addetti e i non addetti ai lavori, per altro in accezione 'maligna' aggettivo presente in letteratura, ma nel tentativo di descrivere tipologie di comportamento che sono più vicine all'asocialità e ai tratti quindi appartenenti a personalità gravemente disturbate che rientrerebbero in quadri popolarmente conosciuti come sociopatici o psicopatici. 

E' di certo complesso descrivere e comprendere la realtà interna di chi ha realmente un organizzazione di personalità narcisista e comprendere soprattutto quando esso cambia e passa da sano amor proprio a  egocentrismo.

E' inoltre inevitabile considerare quanto un comportamento che all'esterno possa apparire narcisista, non descrive il vissuto o la patologia: spesso usiamo questo facile aggettivo 'ombrello' senza comprenderne le dinamiche: ogni volta che c'è una parte dentro di noi che si sente migliore di un altra e quella migliore tenta il riscatto a tutti i costi per proteggere la nostra parte interna vulnerabile, già siamo in una dinamica interna narcisistica, che all'esterno può causare ulteriori ripercussioni.

Tornando a ciò che è il narcisismo e ciò che non è, dare una definizione chiara e netta è cosa complessa, quello che farò è parlare delle differenti modalità in cui può presentarsi. Esistono diversi tipi di 'narcisi' e a tal proposito l'opera che meglio racchiude sinteticamente e in maniera comprensibile a tutti, tale variabilità è quella di Lingiardi, Arcipelago N.

Innanzitutto è bene considerare che nella nostra società c'è un potenziale implicito di sviluppo personale in senso narcisistico, considerando i nuovi valori sociali come l'eterna giovinezza a tutti i costi, il costante apparire sui social e il promuoversi lavorativamente tramite l'uso esclusivo della propria immagine corporea: per Lash, siamo immersi in una cultura che spinge al narcisismo ignorando la profondità, siamo in una società dove il profitto a tutti i costi e lo sforzo di preservare la propria immagine, immagine a servizio del profitto sono i nuovi valori.  

In un contesto sociale mutato, in cui i valori sono questi, ma non escludono ansie poiché mantenere sempre la propria immagine perfetta così come in foto o in video è uno sforzo inumano, in un contesto in cui ognuno è concentrato nella propria auto-narrazione continua, tra dirette, vlog, serie ad-personam, ed è questa la nuova normalità, cos'è il narcisismo allora?

Tramite le apparizioni lavorative è più complesso individuare cosa sia il narcisismo, ma è più facile individuarlo attraverso il barometro delle relazioni interpersonali. Si può essere dei campioni nel lavoro, ma dei disastri in amore, ed è proprio questo il dramma degli individui ad organizzazione narcisistica.

Una prima classificazione che possiamo fare è tra Narcisista inconsapevole ed ipervigile (Gabbard)

Il tipo inconsapevole non ha alcuna consapevolezza dell'effetto che ha sugli altri ed in generale corrisponde al quadro descritto nel DSM-5 in cui il senso di grandiosità, le fantasie di successo, il credere di essere speciale e lo sfruttamento degli altri avvengono senza senso di colpa e senza consapevolezza.

In aggiunta a tali caratteristiche nella classificazione che vede il continuum inconsapevole passare a grandioso fino a maligno, vediamo caratteristiche come mancanza di rimorso, rabbia furiosa, ricerca di potere, manipolazione, senso di privilegio.



Fobie Specifiche

Le fobie specifiche rientrano nel più ampio spettro dei disturbi d'ansia e raramente si presentano da sole; molto spesso una fobia specifica accompagna un altro disturbo come un disturbo depressivo, un disturbo d'ansia, una dipendenza da sostanze, una particolare struttura di personalità.


La fobia specifica è quindi spesso un indicatore di una più ampia sofferenza. Spesso la fobia, quindi la paura o l'ansia possono scatenarsi dinanzi differenti stimoli fobici: gli stimoli possono essere animali, elementi dell'ambiente naturale, elementi appartenenti all'ambiente medico come aghi e sangue, situazioni specifiche come l'andare sull'aereo, lo stare in ascensore.

La fobia sociale oggi è definita nel DSM5 come disturbo d' Ansia Sociale, fobia che può anche manifestarsi solo alla performance quindi al parlare o esibirsi in pubblico. Anche in questo caso la paura e l'ansia sono attivate in maniera massiccia nel momento in cui l'individuo sa che sta per esporsi allo stimolo fobico del pubblico o delle interazioni sociali in genere o quando è già esposto. La fobia sociale può manifestarsi in individui che presentano già quadri di disturbo d'ansia generalizzato, dismorfismo corporeo, disturbo depressivo maggiore.

Ricordiamo anche l' agorafobia che è la paura di essere in luoghi o situazioni dai quali può essere difficile o imbarazzante allontanarsi. L'ansia è sempre un' emozione che emerge come allarme ed evitamento della situazione che è sentita come preoccupante. 

Il quadro di personalità che confina con i sintomi fobici è quello evitante: è un tipo di personalità socialmente inibita, che conserva sentimenti di inadeguatezza e ipersensibilità nonché autosvalutazione delle proprie capacità e risorse con l' effetto di uno scarso ingaggio nelle relazioni amicali-amorose e lavorative a causa della disistima di sè.

Seguendo il pensiero dell' Analisi Transazionale, che conserva in sè lo sguardo psicoanalitico,

il sintomo fobico e la struttura di personalità corrispondente, sono diretta manifestazione del desiderio di mantenere una dipendenza organismo-ambiente. 

Dando una lettura allargata, nel sintomo fobico possiamo trovare le tracce di una evoluzione monca del sè, in cui i bisogni del bambino sono rimasti insoddisfatti e le diverse fasi che vanno dalla simbiosi, all'individuazione- separazione non hanno seguito il loro corso. 

Se nel bambino la fase della paura e della stretta vicinanza al genitore è un fatto normale, è anche vero che tale fase soprattutto in adolescenza va superata e va piuttosto incoraggiata ancora e ancora una libera e spontanea esplorazione.

Ma la struttura familiare della persona con sintomo fobico è 'spaventante': non incoraggia la naturale esplorazione del mondo e la naturale curiosità, incoraggia invece la paura dell'esterno e del nuovo;

i familiare presentano il mondo come pericoloso ed ostile, cosa che è contraria al sano sviluppo del sè, generando sentimenti conflittuali nell'individuo futuro fobico, sentimenti che oscillano tra la ribellione e i sentimenti di autonomia.

La persona con sintomi fobici ha dentro di sè le immagini di una famiglia (reale o immaginata) dalla quale tenta di uscire ed emanciparsi ma non riesce.

Il lavoro con il sintomo fobico si muove su diversi livelli, andando a considerare la storia della persona, i traumi significativi che hanno strutturato il sintomo, gli schemi cognitivi che supportano il sintomo e la personalità. Le tecniche sono varie e vanno dalla desensibilizzazione alla drammatizzazione, all'apprendimento di tecniche per gestire i sintomi invalidanti.

In Gestalt il lavoro si focalizza sul confine tra il corpo-sè e l'esterno, sul sentire le sensazioni e i ricordi suscitati dallo stimolo fobico e dal riconoscimento e collocamento di tali sensazioni nella propria storia. Il lavoro è tramite tecniche immaginative e tramite quindi l'immaginazione, di esposizione allo stimolo fobico, per integrare le sensazioni e i ricordi rimorsi, proiettati sull'immagine dell'animale o sulla situazione.

Un esempio (riadattato per privacy) che può essere utile è di un paziente, che a causa della intensa paura del buio faticava a star solo a casa e a dormire solo. Dopo aver descritto il sintomo e la sensazione a guardare questo buio rievocato, tramite tecnica immaginativa in cui egli immaginava di essere al buio, arrivammo al nucleo che aveva scatenato tale fobia risalente all'età di circa 5 anni, in cui piuttosto che esser confortato dai terrori notturni dai suoi genitori, era sgridato e mandato a dormire da solo. 

Dopo il trattamento di tale nucleo, con un intervento integrato Analitico Transazionale specifico per ripristinare la funzione Genitoriale di accudimento mancata, i sintomi si sono notevolmente ridotti.



Isolamento Sociale & Hikikomori

Tale sezione sul fenomeno sarà riassuntiva. Ad oggi esistono poche letture dell'isolamento sociale in ambito Analitico Transazionale e Gestaltico. Tale argomento merita una sezione a parte, che sarà in seguito inserita con il mio lavoro di ricerca sul fenomeno. Consiglio una lettura del libro di Crepaldi (Hikikomori, I giovani che non escono di casa) e di Lancini (Il ritiro sociale negli adolescenti) per avere una visione allargata del fenomeno.


Che cos’è l’Hikikomori? Diversi studi internazionali si orientano sulla definizione del fenomeno come sindrome, difatti nel DSM- 5 non è presente come diagnosi. Una sindrome il cui sintomo principale è l’isolamento sociale, che a sua volta è un sintomo ponte a diverse sofferenze di natura psicologica e psichiatrica. È per questo che sinteticamente, la sindrome Hikikomori, in italiano dell’isolamento sociale, è stata differenziata in primaria e secondaria.

L’ isolamento sociale in Italia coinvolge circa 120 mila adolescenti che trascorrono su internet oltre 12 ore al giorno, mostrando anche sintomi importanti di patologie psichiatriche.

Inizialmente l’isolamento sociale fu considerata una sindrome prettamente culturale, derivante dall’organizzazione della società nipponica, competitiva, conservativa, verticistica e gruppale, focalizzata sul lavoro, basata sul concetto della vergogna sociale, sul considerare chi rimaneva indietro scolasticamente e professionalmente, come un ‘ronin’ – un uomo alla deriva- termine preso in prestito dalla cultura a sua volta Samurai.

In seguito, anche con l’appiattirsi culturale delle differenze socioeconomiche e di costume tra est e ovest del mondo, tale spiegazione più spiccatamente culturale e localizzata al mondo nipponico, è venuta meno.

Pur considerando le differenze che ancora permangono tra la società nipponica e quella italiana, ad oggi tali differenze sociali sono andate ad appiattirsi, così come nel resto del mondo occidentale.

Dagli anni novanta in poi, i casi di ‘ Hikikomori’ sono aumentati in America ed Europa e l’analisi del dato deve essere olistica.

Oggi studi di tipo sociale si sono concentrati sulle caratteristiche della società in cui viviamo, che oramai non fa molta differenza alla localizzazione geografica: i paesi capitalistici hanno comune tendenza culturale e politiche del lavoro, comuni tendenze organizzative della vita collettiva e approcci all’istruzione simile; la competizione, la sensazione di essere in un contesto liquido (Bauman) e in una società di tipo narcisistico (Lash), è un fatto sia che ci si trovi nell’est o nell’ovest del mondo.

Abbiamo quindi un contesto sociale in cui tutti noi siamo immersi e che Gestalticamente è interconnesso con il nostro vivere personale e privato; c’è uno scambio continuo tra sfera privata e sociale, tra persona e ambiente, considerando il concetto di campo ( K.Lewin).

L’Hikikomori è quindi un fenomeno dovuto a tutto il campo: ambiente/cultura/società e ovviamente all’individuo ed al suo modo di rappresentarsi il mondo ed esperirlo.

In una lettura puramente sociale, l’Hikikomori è visto come un tentativo di estrema ribellione ad un mondo troppo veloce e pieno di pretese.

Ma se è vero questo, quali sono le dinamiche intra-familiari ed intrapsichiche che portano alla manifestazione di tale estremo disagio?

In Gestalt potremmo considerare il fenomeno con le parole della Spagnuolo-Lobb, estratte da un ultimo convegno sul tema: “Eppure gli adolescenti, con la loro spinta alla ribellione, che contiene il seme del cambiamento sociale, rappresentano il nostro immediato futuro. Proprio attraverso l’adolescenza, la società vive il dilemma tra la freschezza della libertà e la necessità di imporre le regole, tra la creatività e la disappropriazione di sè. Il disagio giovanile è lo specchio del problema che si ripresenta ad ogni passaggio generazionale, e che cerca risposte all’interrogativo: come può la società – nella sua struttura e dinamica organizzativa - accogliere la divergenza e il dissenso, trasformandoli in un prezioso motore di crescita?

Quando i genitori hanno la capacità di vedere il figlio come altro da sé, riescono a fornirgli quel riconoscimento che gli consente di emergere in modo pieno, capaci di emozionarsi e di orientarsi nelle relazioni. La genitorialità ha il compito di riconoscere nella trama della vita del figlio la voglia di portare qualcosa di unico al mondo.

Il bambino impegnato in un compito, per esempio, nel momento in cui ha una difficoltà necessita di un contenimento e di un incoraggiamento per risolverla, utilizzando l'energia che lo anima. Ma non trova nessuno a casa a cui dirlo, nessun contenimento che possa dargli un rimando sensoriale e psicologico su cosa sente e cosa vuole. Allora va in internet, dove un motore di ricerca gli fornisce la risposta; la sua eccitazione viene sparsa nelle infinite possibilità che gli offre internet, ma non trova un contenimento relazionale, un corpo umano, trova un computer freddo ed incapace di abbracciarlo. Tale eccitazione diviene energia non contenuta e si trasforma in ansia, che l'individuo non riesce a gestire, mettendo così in atto l'unica soluzione possibile: la desensibilizzazione corporea, una deprivazione della capacità di sentire, della ricchezza data dai vissuti emotivi. Le ricadute cliniche di tali situazioni sono sotto gli occhi di tutti: disturbi d'ansia, attacchi di panico, difficoltà dei legami, patologie del mondo virtuale, desensibilizzazione corporea.”

Le mie riflessioni sul fenomeno, sostenute dalla letteratura e dall'esperienza con persone portatrici di tale sofferenza, mi hanno spinto a considerare come, al netto della sofferenza sociale in cui siamo immersi, ci siano dinamiche familiari peculiari:

spesso nelle famiglie in cui in il ragazzo spesso, ma anche la ragazza, si isola, manca una figura paterna stabile ed efficace, ci sono spinte alla dipendenza ed alla simbiosi tra madre e figlio, sostenute da problematiche contingenti, assenza di regole e di una struttura e ruoli solidi all'interno della famiglia.


Leggendo ‘Appunti sul narcisismo’ del 1993 di Antonio Ferrara, trovo calzante sul tema non solo il discorso sulle fasi della Mahler, ma soprattutto il discorso sulla figura paterna : “ Quando mi pongo la domanda: “Cosa manca a questa persona” spesso scopro che il bisogno è noto, il narcisista sa cosa vuole, ha superato quella fase di simbiosi in cui la confluenza con gli altri non gli permette di identificare i propri bisogni perché ancora non esiste come individuo, però non ha imparato come soddisfarli e anziché andare verso l’oggetto per il contatto, assume una tendenza retroflessiva e rivolge l’energia verso di sé. Non può instaurare una relazione Io - Tu e sembra che insegua un costante Io - Io. 

Soffre per la mancanza di riferimento e di sostegno, di una guida che gli insegni a muoversi nel mondo. È vittima del fallimento del padre, gli mancano il suo amore, la sua forza, la sua sicurezza. Oggi come mai la crisi del padre, della regola ferma, della religione che dà struttura e appoggio, dei valori tradizionali della società borghese, privano il bambino, futuro adulto, della protezione alla quale l’uomo ha sempre aspirato fin da quando si è organizzato in gruppo, si è dato leggi, ha cercato dei e profeti. Se non può appoggiarsi ad un referente stabile e concreto, si appoggia ad una fantasia, idealizza la sua esistenza, si crea un’immagine, un ruolo e fantastica che affermazione, riconoscimento e successo copriranno il suo vuoto. “

 

 La posizione esistenziale di chi rinuncia è un estrema scelta, dolorosa ed eroica al tempo stesso, ma non per questo rischiosa. Per evitare di perdere si evita di tentare e tentando vivere, rimanendo bloccati. Il lavoro è faticoso ma non impossibile, incentrato innanzitutto e primariamente sulla motivazione, sul sentire il proprio sè e i propri bisogni, sul differenziare il sè dall'altro e sul mobilizzarsi per ottenere ciò che si desidera, nonché sull'accettare i propri limiti e la propria realtà, che sia punto di partenza per partire verso il mondo, ma non punto di sconfitta e resa.





Esperienza Borderline

Parlare dell'esperienza Borderline non è semplice, così come non è semplice parlare di Narcisismo. Non solo per il carico culturale che c'è dietro queste due categorie, ma anche per l' evoluzione storica in campo clinico e teorico, che nel corso degli anni ha portato a diverse e diversificate visioni sul tema della personalità. Qui riassumerò brevemente, senza mai voler essere esaustiva o definitiva, la visione psicodinamica e quella della Gestalt e A.T.


In ambito psicoanalitico Otto Kernberg ha coniato il termine di Organizzazione di Personalità, descrivendo tre tipi di personalità, la nevrotica, la Border e la Psicotica, con differenti livelli di funzionamento.

Nell' organizzazione Border di Personalità i sintomi sono variegati:

tali sintomi non sono discriminanti di un disturbo Border di personalità, poiché potrebbero trovarsi in altri quadri. E' la relazione con le figure primarie, con i pari, con sè, il senso di vuoto esperito, la frammentazione, il modo in cui la persona vive tali relazioni che cambia tutto.

Infatti sono l'elevata impulsività e la scarsa capacità di modulare l'ansia ed i sentimenti, nonché l'incapacità a posticipare e modulare le pulsioni al fine di essere guidati nelle scelte e nel comportamento dal pensiero, che possono tradire un organizzazione border.

Inoltre è presente un elevata contraddittorietà di comportamenti ed atteggiamenti che fa il pari con un pensiero dicotomico, in cui il mondo è diviso in bianco e nero, in cui tutti sono o buoni o cattivi.

L'immagine di sè inoltre non è integra, così l'opinione ed il sentimento su di sè cambia repentinamente. Per fare un esempio,  in un giorno si può passare dal sentirsi dei santi al sentirsi dei diavoli, comportandosi e sentendo tutti i sentimenti positivi o negativi connessi.

Un altra caratteristica è la relazione con gli altri che vive sui poli dell' idealizzazione e svalutazione: gli altri possono essere alternativamente, così come sè stessi , messi figurativamente sull'altare o sotto terra.

La teoria di Kernberg è utile a comprendere come funziona la personalità uscendo dal modello del DSM-5, l'idea è che il funzionamento border è in realtà sottostante alla maggior parte dei disturbi di personalità, come ad esempio il disturbo narcisistico di personalità, l'antisociale, lo schizoide, il ciclotimico e il dipendente. 


L'organizzazione Border di personalità è distinta dal Disturbo Border di personalità e permette di comprendere e guardare in maniera differente al vissuto relazionale ed alla sofferenza relazionale, una visione molto utile in ambito terapeutico poiché guarda di fatto al modo con cui la persona stabilisce relazioni, vive ed esperisce il proprio mondo interno, cioè è una teoria che guarda al 'carattere' specifico.


La comprensione del mondo Border va fatta basandosi come sempre sulla storia della persona. I dati della ricerca (Johnson1999) suggeriscono che esperienze di trascuratezza da parte di entrambi i genitori, esperienze di perdite ed abuso, separazioni durante l'infanzia sono correlate a diversi disturbi di personalità e sintomi.

Un organizzazione di personalità border, così come quella narcisistica, per citare quelle che oggi sono i funzionamenti più 'di moda' e spesso poco compresi, è diversa da caso a caso, da persona a persona, così ogni persona può avere la sua diversa sfumatura. La personalità è un continuum, ed è impensabile che anche nella malattia siamo tutti uguali. 

Gli indicatori descritti nel DSM servono ad indicare appunto un quadro più o meno corretto per tutti di quella che è la sofferenza, ma è nel contatto con la persona e con la sua unicità di esprimere la sua sofferenza, il suo carattere, la sua intensità, che vediamo chi davvero essa è e perché. Attraverso il contatto con la persona, possiamo davvero vedere anche come è arrivata ad essere nel suo modo unico e specifico e da qui vedere cosa è mancato, di cosa ha bisogno.

Nello specifico della sofferenza border, spesso ciò che manca è un identità stabile e piena, un senso di sè integro nel tempo, manca fiducia nelle relazioni esterne e negli altri. Manca uno spazio interno, mentale ed emotivo in cui conservare gli affetti e l'affetto per sè e per gli altri. Il senso Gestaltico è quindi quello di ritrovare radicamento in sè e nel mondo, ritrovare una presenza nelle relazioni e nel sè, integrando ciò che è mancato ma preservando e guardando con attenzione a quel modo in cui si è stati.


Il modello A.T. (Novellino) sinteticamente è in linea con quanto sopra detto, definendo che nel processo di crescita il bambino con organizzazione di personalità Border non integra dall'ambiente tutti gli stati dell'io, quindi il mondo esterno è vissuto alternativamente come o tutto buono o tutto cattivo. Conseguenza di ciò è anche la precarietà del senso di sè ed una difficoltà a rappresentare sè stesso integralmente come un unicum mente-corpo-emozione. Se il senso di sè è dipendente dal corpo, dalla sensazione corporea e manca la mentalizzazione così come il sentire emozionale, acquista senso e spiegazione il comportamento autolesivo, come modo per tentare di reintegrare il vissuto emozionale, ritrovarsi, risentirsi, ricentrarsi e ritrovare il confine del sè sulla pelle. Ritrovando tale confine nel dolore corporeo il tentativo è quello di sentire e controllare il vissuto psichico.


Breve Storia dell'Isteria; Isteria ed Istrionismo oggi nell'uomo e nella donna


Nella lunga storia della medicina che inizia dal mondo antico ed arriva fino ad oggi, le manifestazioni che vanno sotto il termine 'isteria' sono sempre state documentate, ma chiaramente differentemente trattate e considerate, cosa questa che vale per la maggior parte delle malattie. Muta la visione filosofica e così la morale, evolve la tecnica e l'approccio, evolvono le conoscenze e quindi il modo con cui si cura e si approccia umanamente il 'malato'. La visione della malattia è specchio dell'evoluzione dei popoli, evoluzione qui a tutto tondo. 

Se nel mondo quindi antico greco e latino, le forme isteriche erano considerate di volta in volta dai diversi autori manifestazioni di un utero malato (Ippocrate) o di umori sregolati, che possono corrompersi sia nell'uomo che nella donna e portare a malattia (Galeno); nel periodo medievale assistiamo ad un inasprimento nel modo di approcciare alla malattia ed alle fragilità umane a causa delle teorie del cristianesimo ed in particolare della demonologia, che vedevano le manifestazioni isteriche (quindi anche epilettiche) come un chiaro segno di forze demoniache.

Tra credenze popolari, bolle imperiali, Inquisizione e l'atto definitivo che fu il 'Malleus Maleficarum', diverse persone affette da malattie psichiche e fisiche finirono sotto tortura e al rogo, per atti mai commessi, vittime solo di un mondo che vedeva gli ultimi come portatori del male. 

Per fortuna, dopo tale parentesi, si arrivò all' Illuminismo, durante il quale prevalse la lettura neurologica dei disturbi isterici.

Oggi il termine Isteria non esiste più all'interno del DSM ma esistono alcune manifestazioni di quel che un tempo era conosciuta come isteria, all'interno di categorie nosografiche molto più ampie come i disturbi somatoformi, di personalità o di conversione (deficit motori, paralisi, astenia). Inoltre in passato come adesso, spesso le manifestazioni di carattere isterico erano confuse con particolari manifestazioni neurologiche quali emicranie e appunto particolari forme di epilessia. 

Un successivo passo in avanti fu compiuto da Pierre Janet, primo a considerare il sintomo come un effetto di un evento traumatico successivamente rimosso, ponendo ancor di più in risalto l'elemento psicologico come responsabile delle manifestazioni fisiche.

Il definitivo passo avanti fu fatto con Breuer e Freud ed il trattamento della paziente Anna O. Da qui in poi inizia la storia della psicoanalisi per come la conosciamo e della psicoterapia.


   Anche in questo caso il filo conduttore per narrare di come  oggi      è   definito il paziente isterico-istrionico, sarà sempre la    visione        psichiatrica psicodinamica fornita da Gabbard.

Voglio sottolineare come  dagli anni settanta ad oggi sia stato evidenziato come entrambi i distrurbi siano presenti in tutta la popolazione, a prescindere dal genere e che spesso la presenza maggiore di comportamenti che farebbero supporre una presenza di un disturbo di tipo isterico o istrionico, riguarda il riflesso di aspettative culturali rispetto al modo  in cui le donne dovrebbero adattarsi alla società, quindi anche nella malattia c'è espressione del ruolo sociale rivestito ( Hollender 1971; Lerner 1974). 

Altra questione riguarda il fatto che la letteratura psichiatrica sul disturbo, dalle origini ad oggi è stata fatta da uomini, creando non pochi bias. Negli uomini quindi il disturbo è stato documentato .

E' chiaro che l'espressione della personalità patologica differisca da individuo a individuo e da genere a genere, per tanti motivi, ma nel tracciare un quadro della personalità isterica maschile, possiamo identificare caratteristiche che vanno dall'ipermascolinità, quindi da un comportamento vistosamente mascolino, aggressivo, seduttivo, 'da don Giovanni' e/o con caratteristiche antisociali; sia con caratteristiche remissive e passive, di chiara impotenza e con atteggiamenti di paura nei confronti delle donne.

I temi dominante, al netto delle differenze di espressione tra uomo e donna, sono correlati al mondo relazionale e sessuale: seduttività, promiscuità, gelosia sessuale, desiderio di amore ideale, volubilità e sessualizzazione dell'altro.

Ad oggi esiste una certa concordanza sul fatto che esistono 'isterici' sani e non, cioè isterici definiti come buoni, attivi, autentici, emozionali, ed altri che invece portano con sè diverse ferite e sono più infantili e dipendenti, con un organizzazione di personalità francamente border. Stessa cosa vale per gli istrionici. Chi esibisce comportamenti che rientrano nel tipo di personalità istrionica, può essere sano, ma anche avere caratteristiche e sofferenze che vanno dalla nevrosi al border.

Secondo il modello di Horowitz, il paziente che presenta un organizzazione nevrotica di personalità ( senso di realtà, capacità di tollerare l'angoscia, sublimazione degli impulsi, capacità di adattamento sociale- Otto Kernbergche ha comportamenti istrionici,  e che spesso presenta conflitti irrisolti nel campo relazionale, sarà considerato isterico.

Il paziente invece che ha un organizzazione di personalità a livello border o narcisistico, ( identità diffusa, fragilità dell'io, difese primitive, pensiero dicotomico- Otto Kernberg) sarà considerato un paziente istrionico.

A parte le considerazioni di tipo puramente diagnostico che servono per tracciare una linea di confine, il punto qui è come sempre, la sofferenza esperita e percepita all'interno del campo relazionale e del vissuto del paziente.

Nel campo Isterico e quindi nevrotico, la sofferenza è tutta esplicata nel bisogno di esser visti ed amati, nelle paure abbandoniche, nell'ambizione e nella competitività, in una sottile ed infantile seduttività che tende ad attrarre l'altro.

Alcuni Isterici a volte sono addirittura timidi, impacciati e intimoriti nell'interazione con gli altri, il contrario dell'esser seduttivi o sicuri. E' importante sottolineare come il sentimento interno fa da barometro della sofferenza: da un lato ci può essere attività, successo e competitività sul piano lavorativo; dall'altro lato dipendenza e bisogno a manipolare gli altri affinchè essi soddisfino i loro bisogni, con il risultato spesso di relazioni traballanti.

Nel campo istrionico ( con caratteristiche border o narcisiste) la sofferenza è più dirompente, l'ansia più profonda, l'emotività più marcata, così come anche l'esibizionismo, la teatralità e la seduttività che appare cruda, inadeguata e distanziante, le relazioni giocate maggiormente sui temi della paranoia, di un attaccamento eccessivo e del masochismo.

In Analisi Transazionale gli obiettivi terapeutici rimangono la stretta promozione di un senso maggiore di sè e delle proprie emozioni, di una maggiore consapevolezza riguardante quindi tutto il campo dei propri bisogni, soprattutto quelli relazionali. L'idea è quella di stabilire primariamente un senso di sè ed un senso di interno di cosa/chi/come  realmente si è, per poi costruirsi nel campo relazionale. 

Per la Gestalt l' accento è posto sul corpo che esprime sintomi particolari o manierismi che raccontano un vissuto. L'idea è quella di riportare nel ciclo esperienziale della persona tali vissuti non solo alla consapevolezza ma ad una completa espressione.

Il ciclo interno ripetitivo e frustrante di chi ha personalità che rientrano in tale esperienza definibile come isterica/istrionica è quella di avere sì l'intenzione a stabilire un contatto, ma tra l'intenzione e l'azione c'è una manipolazione del sè, un manierismo messo in atto (un comportamento falsamente seduttivo o vittimistico o sicuro o macho), il quale produce sintomi ( ansia, dismorfofobia, insicurezza, paura, amnesia) e interrompe la possibilità di un contatto.


Tale schema può essere interrotto togliendo ciò che pone in essere la manipolazione specifica, riuscendo quindi ad avere la capacità di fare richieste trasparenti agli altri ed al mondo. Cosa che presuppone il sapere cosa si vuole.

Disturbo da Dismorfismo Corporeo

Nel Dsm5-tr il Disturbo da Dismorfismo corporeo o Dismofia è inserito nel capitolo sul disturbo ossessivo compulsivo.

I criteri che lo definiscono sono:

E' importante chiedere aiuto per il dismorfismo corporeo poiché esso è associato a pensieri e comportamenti suicidari, depressione, disturbi da sostanze, disturbi d'ansia e può diventare talmente grave da acquisire caratteristiche deliranti. 

E'  molto diffuso ed in aumento a causa dell'uso massivo dei social e degli standard di bellezza sempre più impossibili da raggiungere se non tramite ricorso a chirurgia estetica. E' inoltre da segnalare che chi è affetto da tale disturbo può ricorrere alla chirurgia più e più volte, per correggerei difetti percepiti. Inoltre, chi ha tale disturbo percettivo, anche se si sottopone all'intervento estetico desiderato, spesso non è soddisfatto dell'esito, chiedendo ancora e ancora modifiche. L'elemento essenziale di tale disturbo è la persistenza: nonostante il ricorso a procedure o modifiche del proprio aspetto, l'individuo si percepisce sempre come difettoso, sbagliato, non adeguato, brutto, orribile, ed ogni parte del corpo può essere investita di tale preoccupazione, generando ansia, frustrazione ed umore depresso.

Altro elemento importante è la preoccupazione per l'asimmetria percepita di determinate parti del corpo (sono storto/a) . Ancora la preoccupazione può essere rivolta alle dimensioni, di volta in volta una parte può essere troppo grande, troppo piccola. Alcuni individui ricercano la pelle chiara o scura ricorrendo a prodotti o trattamenti per raggiungere uno stato diverso da quello in cui sono. Alcuni stuzzicano la pelle compulsivamente, ricorrono a trattamenti, esercizio fisico eccessivo, fanno acquisti compulsivi di prodotti estetici.

Può essere presente in maschi e femminine indistintamente, con lieve differenze di sintomatologia, i ragazzi hanno più preoccupazioni riguardanti la muscolatura.

L'affetto è spesso negativo con ansia o depressione o entrambe, ed inoltre sono presenti sensibilità al rifiuto e perfezionismo. 

Inoltre la maggior parte degli individui vive una compromissione del funzionamento psicosociale a causa delle preoccupazioni sull'aspetto fisico, la compromissione può variare da moderata a grave, in base a quante aree della vita sono compromesse.


 Disturbi dell' Alimentazione

I principali disturbi dell’alimentazione sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata (o binge eating disorder, BED); nel DSM, sono descritti anche i disturbi della nutrizione e i disturbi alimentari sotto soglia, categoria utilizzata per descrivere quei pazienti che pur avendo un disturbo alimentare clinicamente significativo, non soddisfano i criteri per una diagnosi piena.

Soffrire di un disturbo dell’alimentazione sconvolge la vita di una persona e ne limita le sue capacità relazionali, lavorative e sociali. Per la persona che soffre di una disturbo dell’alimentazione tutto ruota attorno al cibo e alla paura di ingrassare.

Solo una piccola percentuale di persone che soffrono di un disturbo dell’alimentazione chiedono aiuto. 

Ad esempio questo può avvenire perché la persona all’inizio non sempre si rende conto di avere un problema, ma poi iniziando a star male fisicamente e psicologicamente decide di intraprendere un percorso. Una caratteristica quasi sempre presente in chi soffre di un disturbo alimentare è l’alterazione dell’ immagine corporea che può arrivare ad essere un vero e proprio disturbo. La percezione che la persona ha del proprio aspetto ovvero il modo in cui nella sua mente si è formata l’idea del suo corpo e delle sue forme, sembrano influenzare la sua vita più della sua immagine reale. 

Considerando che lo spettro dei disturbi alimentari è ampio, vanno fatte delle precisazioni più generali, prima di addentrarci nelle differenze tra ogni singolo disturbo. I disturbi alimentari possono comprendere un regime alimentare rigido e un programma di esercizio fisico; senso di colpa o vergogna quando non si riesce a mantenere tale regime; una preoccupazione per il cibo, il corpo e l’esercizio fisico che ha un impatto sulla qualità della vita; un’ alimentazione compulsiva; misure compensative per “compensare” il cibo assunto (cioè: esercizio fisico eccessivo, restrizione alimentare, digiuno, rigetto e uso di lassativi o diuretici); e l’uso di integratori per la perdita di peso.

Quando un individuo lotta contro un disturbo dell’alimentazione, generalmente manifesta diversi comportamenti con maggiore frequenza e intensità, pensieri totalizzanti su corpo e cibo.

Questi pensieri possono comprendere (ma non si limitano a) attenzione estrema per le calorie, i cibi buoni e quelli cattivi, gli ingredienti, la grammatura, il gusto, le dimensioni e la forma del corpo, il tipo e la frequenza dell’esercizio fisico, la sensazione di fallimento quando non si riesce a reggere questi comportamenti e l’evitare le attività sociali.

L’ elenco sopra proposto è da intendersi come una panoramica generale e non esaustiva dei segnali che possono indicare un problema serio:

La preoccupazione per il cibo e per il corpo, se estrema, indica la presenza di una sofferenza profonda intessuta nella propria storia. 

Una persona può soffrire di un DCA a prescindere del peso manifestato:

Il basso peso, non è un marcatore unico e specifico per i disturbi dell'alimentazione, in quanto anche condizioni di normopeso e sovrappeso, fino all’obesità, possono essere associate alla presenza di disturbi dell'alimentazione.

Il disturbo alimentare è un sintomo spesso di un disagio molto più profondo:

I disturbi dell'alimentazione possono presentarsi in associazione ad altri disturbi psichici come ad esempio disturbi d’ansia e disturbi dell’umore e spesso il dca è uno degli indicatori più evidenti di un disagio più complesso e strutturato.

Spesso si arriva alla diagnosi già con una storia clinica molto lunga:

Lo stato di salute fisica è quasi sempre compromesso a causa delle alterate condotte alimentari (per esempio restrizione alimentare, eccessivo consumo di cibo con perdita di controllo, condotte di eliminazione e/o compensatorie) che portano ad alterazione dello stato nutrizionale. Spesso l’insorgenza è stata precoce, anche intorno ai 9-10 anni, così l’indagine e la remissione anche fisica risultano più complesse. 

Il trattamento per i DCA si muove attorno a diversi assi :

1. Ingaggiare costantemente la motivazione del paziente.

2. Lavorare sui comportamenti disfunzionali nell'ottica che essi hanno una storia ed un significato.

3. Considerare un lavoro di equipe per un percorso anche nutrizionale

4. Lavorare sugli schemi comportamentali da un lato, e cognitivi ed emotivi

5. Lavorare sul qui e ora ma anche sul dopo.

6. Tenere sempre " on‑line" tra paziente e terapeuta la compassione e l'auto‑compassione.

7. lavorare sulle dinamiche profonde che sorreggono il DCA: spesso alle spalle di un DCA ci possono essere storie personali e/o familiari di trascuratezza, traumi precoci, lutti, problematiche importanti occorse durante le fasi di crescita, abusi. 

Dal DCA si può uscire, con pazienza ed amore, in una relazione terapeutica che cura, accompagna e direzione in una crescita sana.